Il tempo rappresenta la cornice nella quale avviene la nostra esperienza del mondo e si struttura la nostra esistenza. Non è solo quello oggettivo scandito dalle lancette dell’orologio, ma è anche un “tempo psicologico”, soggettivo. Ciò che conta è il “modo” in cui lo viviamo. La nostra mente attribuisce un senso ad ogni nostra esperienza, il lavoro, la famiglia, le relazioni, gli oggetti. E lo stesso fà con il Tempo: lo riempe, o svuota, di significato, di valore. Ognuno di noi tende ad utilizzare maggiormente una particolare prospettiva temporale (orientata al passato, al presente o al futuro) e ciò influenza profondamente la nostra vita, le nostre scelte, il nostro benessere, quello che siamo, determinando a volte anche disturbi psichici.
Vivere nel Passato ed esserne prigioniero, è tipico degli stati malinconici e depressivi, nei quali non v’è alcuna capacità di immaginare il domani e nessuna possibilità di esprimere quella creatività tipica del procedere in avanti per costruire attivamente il domani. Viene a mancare il senso della vita, e si vive in attesa che il futuro avanzi verso di noi, subendo il tempo. Non ci si dà la possibilità di imparare dalle esperienze di vita presente per attuare un cambiamento.
Il Futuro è il terreno del desiderio e della speranza, ma anche di emozioni come l’ansia e l’angoscia, che si sviluppano in relazione all’imprevedibilità del domani. L’intolleranza dell’incertezza, l’incapacità di controllare il futuro e l’imprevedibile: queste alcune caratteristiche principali di chi soffre di attacchi di panico o disturbo d’ansia. L’ansioso, vive nel futuro, perdendo di vista il presente e tutto ciò che contiene.
E chi vive nel Presente? Anche in questo caso, se assolutizzato, non si è radicati nel passato e nemmeno proiettati al futuro, facilmente si prendono iniziative che poi non vengono portate a termine. È un continuo procedere senza origine e senza meta. E’ un agire veloce, che ci fa sentire costantemente di fretta, come se le cose da fare siano sempre troppe e le 24 ore sempre troppo poche. Chi vive in questo modo vuole fare tutto, farlo bene, possibilmente da solo, senza delegare o chiedere aiuto, attuando come stile di vita la frenesia. Le conseguenze? Frustrazione, senso di inadeguatezza, irritabilità, senso di vuoto o ansia nel tempo libero. Non ci si riesce a fermarsi, a stare.
L’ossessione del presente, del lavoro e del rendimento, che svalorizza ogni attimo di “inutilità” e di “silenzio” della vita, funge da anestetico: ci allontana dalla consapevolezza di chi siamo, dove siamo e dove stiamo andando. Saturare il tempo permette di non sentire le emozioni ed evitare il contatto con noi stessi, di non essere esposti al peso della riflessione. La fretta aiuta a rimanere sulla superficie delle cose, nell’illusione di poter evitare di porci la domanda: “Come mi sento?” “Cosa provo?”.